Quando dici “Il grande vetro” pensi subito a Duchamp e all’opera più enigmatica nella storia dell’arte contemporanea. L’opera che ha disorientato tutti, creando mille grattacapi ai critici fino a dover far loro constatare l’inutilità o almeno l’impossibilità della critica. Quel grande vetro rimaneva in ogni caso una grande, conturbante e inutile macchina del desiderio. Il sistema dell’arte ne usciva definitivamente sconfitto. E l’arte rimaneva libera. Di essere semplicemente se stessa. Io non so razionalmente spiegare perché ho chiamato “Il grande vetro”, il mio progetto di ‘arte in vetrina’. So solo che ho pensato istintivamente a Duchamp e al suo enigma. E so che questo andare con il pensiero a Duchamp coincideva anche con un mio particolare percorso di ‘ready made’ cui mi stavo appassionando. Dopotutto l’arte è un gesto che conduce anche al gioco e comunque conduce sempre verso una ‘bellezza’ che pone ‘domande’: questo mi sono detto. E così è nato il mio progetto per Dress. Il mio piccolo Grande Vetro è una vetrina di un elegante negozio di moda dove ogni mese si manifesta una installazione ‘artistica’: lungo la strada per i passanti la vetrina diventa così il luogo di un’esperienza d’arte. E in esposizione non sono più i ’prodotti’ ma le emozioni, frammenti di poesia da raccogliere, sensazioni da esplorare.